G. Rodella è soprattutto noto come incisore, una tecnica applicata principalmente per via di sottrazione e scavo, mentre si cimenta qui in una pittura materica costruita sulla sovrapposizione cromatica di spessore, dalle tinte brillanti e radiose. Poche son le sue opere dipinte conosciute; il soggetto pare particolarmente ispirato una "Maternità " che neppure la collezione di provenienza ha saputo darne ragguaglio sull'identificazione, nonostante fosse un loro diretto familiare. La datazione è da collocare tra gli anni '20\'30, da una parte ancora evidente una connotazione simbolista e dall'altra una frammentazione della luce, chiaramente più moderna.
L'allegoria di maternità in un contesto di risveglio primaverile trova evidenti sinergie simboliche, con un bimbo ancora in posizione fetale tra i germogli appena fioriti. La figura materna volge in alto il volto in un'estasi avvolgente e coinvolgente. Una visione premonitrice come se ancora dovesse avvenire o come se quello fosse il primo istante di luce dalla quale il piccolo si ripara schermandosi con le mani, mentre la madre pare offrirsi pienamente a questa luce irradiante. Il dipinto firmato sul retro con altre iscrizioni poi velate da pennellate che non ne precludono la lettura. Dim. 100cm compresa cornice.
Gustavo Rodella era figlio di Ottavio, pittore specializzato in soggetti militari, e di Angela Canonica. Dopo il fallimento della società editrice, per cui lavorava il padre, tutta la famiglia si spostò a Milano, dove Gustavo si iscrisse e si diplomò all'Accademia di Brera. Gustavo Rodella si trasferì a Roma nel 1912 e aprì uno studio in via Margutta.
Nel 1913 esordì a una mostra dell'Associazione Amatori e Cultori di belle arti e nel 1929 ottenne la cattedra di Tecniche dell'incisione all'Accademia di Belle Arti di Roma. Utilizzava varie tipologie incisorie: la xilografia, l'acquaforte, l'acquatinta, la vernice molle, la puntasecca e la litografia.[1] Fu uno dei 25 fondatori del Gruppo Romano Incisori Artisti (Gria), costituito a palazzo Venezia, a Roma, per iniziativa di Federico Hermanin. Realizzò all'acquarello figurini e ammiccanti signorine; incise vedute romane ad acquaforte o ad acquatinta, come la Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane. Ha disegnato copertine per il "Giornalino della Domenica".[2] Un'altra sua incisione, popolaresca, rappresenta i preparativi per una esecuzione del boia romano Mastro Titta, a Piazza del Popolo. Incisione di taglio verista è Le Gerle, del 1909; un'acquatinta di gusto simbolista è L'Albero di villa d'Este, del 1932.[3] Prese parte a circa settanta esposizioni, tra cui la mostra Coloniale di Roma, le mostre del Bianco e Nero di Milano e di Firenze, l'Esposizione d'Arte Figurativa di Torino e mostre a New York, a Buenos Aires e a Los Angeles nel 1923, a Chicago nel 1931, a Bordeaux nel 1932, a Varsavia e a Vienna nel 1933, a Monaco di Baviera nel 1934.[1] Sua allieva è stata Valeria Vecchia.
Una serie di 32 lastre, incise con differenti tecniche, è stata donata nel 1973[4] dalla sorella dell'artista Rosalia Rondella Vichi all'Istituto Nazionale per la Grafica, che allora si chiamava Calcografia Nazionale ed era diretta da Carlo Bertelli.