LA GALLERYA PROPONE
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CABINET PROGETTATO PER L'IMPORTANTE MOSTRA "LA RIVOLUZIONE FASCISTA" DI ROMA NEL 1937
OGGETTO DI ELEVATA EBANISTERIA E INDISCUSSA RILEVANZA STORICA
H 135 CM X 95CM X 75CM
Expo 1932 Esposizione propagandistica |
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Stato | Italia | ||
Città | Roma | ||
Tema | Decennale dell'avvento al potere di Benito Mussolini | ||
Periodo | dal 28 ottobre 1932 al 28 ottobre 1934 |
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Visitatori | 3,855 milioni | ||
Cronologia | |||
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Manuale |
Cambio della guardia della MVSN davanti al palazzo della mostra
Picchetto di Camicie Nere davanti al palazzo
La Mostra della Rivoluzione fascista fu un evento celebrativo del decennale dell'avvento al potere di Benito Mussolini che si tenne per due anni esatti al Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 28 ottobre 1932 al 28 ottobre 1934; essa registrò quasi quattro milioni di visitatori, e riportò un profitto netto al regime di circa quindici milioni e mezzo di lire.[1]
Una delle massime espressioni della propaganda fascista, l'evento fu riproposta nelle due riedizioni successive del 1937 e del 1942, in coincidenza con le ricorrenze quinquennali della marcia su Roma, non ottenendo analogo successo di pubblico.
Direttore e ideatore della mostra del 1932 fu Dino Alfieri che si avvalse della collaborazione di Luigi Freddi, Cipriano Efisio Oppo e dello scenografo Antonio Valente[2].
Progettisti della struttura erano gli architetti Adalberto Libera e Mario De Renzi.
La mostra illustrava l'evolversi della rivoluzione fascista ed era suddivisa in 13 sale espositive che, nell'ottica interpretativa fascista, ripercorrevano gli avvenimenti della storia d'Italia dal 1914 al 1922.
Fin dagli esordi la mostra fu concepita non come una rappresentazione oggettiva dei fatti, basata unicamente dall'esposizione di documenti storici, ma come un'opera celebrativa e di propaganda che doveva influenzare e coinvolgere emotivamente i visitatori.
Per questo motivo, accanto agli storici furono chiamati a collaborare esponenti di varie correnti artistiche dell'epoca tra i quali Mario Sironi, Enrico Prampolini, Mario De Renzi, Adalberto Libera e Giuseppe Terragni.[3]
«È d'obbligo ricordare il contributo alla mostra di artisti come Funi, Nizzoli, Paulucci, Dottori, degli stessi Maccari e Longanesi. Nella presentazione al catalogo, curato da Dino Alfieri e Luigi Freddi, è ricordato come gli artisti abbiano rispettato «la parola d'ordine del Duce chiara e precisa: far cosa d'oggi, modernissima dunque, e audace, senza malinconici ricordi degli stili decorativi del passato». Questa mostra è un esempio di come il fascismo sa accortamente usare del lavoro degli artisti per dare di sé un'immagine avveniristica e di coscienza della propria storia; un'immagine retorica ma che il lavoro degli artisti rende seducente e aperta verso il futuro.»[4]
La spalletta del ponte sull'Arno dove Giovanni Berta fu ucciso; fu poi asportata ed esposta nel corso della Mostra della Rivoluzione fascista
Nel 1932 le sale della mostra erano le seguenti:
Gradito contatto telefonico LUCA 3393797813
LA GALLERYA 1000 MQ
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